In un articolo uscito a febbraio su The Atlantic (e ripreso da Internazionale), Bruce Sterling afferma che le smart city non esistono e non esisteranno mai. “Le città devono essere ricche, potenti e culturalmente attraenti. Non è certo una situazione nuova per le città. L’essere smart è solo il modo per ottenere oggi questi obiettivi tradizionali”.
Ma quando parliamo dell’ambiente domestico, cosa possiamo prevedere? Come saranno le nostre case e fino a dove possiamo far arrivare la nostra immaginazione?
Se è vero che i semi del futuro si possono scorgere già nel presente, per averne prova abbiamo intervistato alcuni architetti e progettisti italiani su questo tema. Li abbiamo scelti perché hanno sviluppato progetti intelligenti che ripensano l’idea di abitare e la mettono in discussione. Questi architetti hanno partecipato alla conferenza organizzata da Houzz Italia dal titolo Come vivremo nella casa del futuro? presso space&interiors il 18 aprile 2018 a Milano.
- Leonardo di Chiara è un giovane architetto, laureato da poco, e che col suo progetto aVOID ha vinto il Premio Berlino 2017 (la sua mini casa su ruote).
Perché questo progetto è un esempio sull’abitare del futuro?
La popolazione mondiale è in crescita e lo spazio a nostra disposizione rimane invariato. Se guardiamo alle città, l’aumento demografico è ancora maggiore. Soluzioni abitative che mettono al centro la qualità e non la quantità di spazio rappresentano una prospettiva interessante in questo senso.
Che impatto avrà le tecnologia?
La tecnologia è ora la principale fonte di innovazione in architettura. Nel caso di aVOID, e in altri progetti di micro-living, la presenza di un sistema autonomo di ventilazione è uno strumento fondamentale per garantire una buona qualità dell’aria. La possibilità di utilizzo di questa tecnologia cancella potenzialmente ogni limite dimensionale, se ci riferiamo solamente ai requisiti di ventilazione degli ambienti, per la progettazione dei vani abitativi.
Quali tendenze immagini per il vivere del futuro?
Abitare e mobilità saranno collegati in modo crescente e osserveremo sempre di più il nomadismo urbano e una certa liquidità del vivere. E se l’auto del futuro non fosse più un’auto ma una piccola casa mobile? L’innovazione si sviluppa quando gli architetti collaborano con gli attori della mobilità del futuro. aVOID ha tra i suoi partner Volkswagen Group.
- Elisa Burnazzi, già finalista al Moira Gemmil Prize for Emerging Architecture 2016, è co-fondatrice dello studio Burnazzi Feltrin Architects.
Perché questo progetto è un esempio sull’abitare del futuro?
L’edificio unifamiliare BL esprime una regola valida per tutti i nostri progetti: assaporando il passato e ascoltando il presente, guardare al futuro.
Le tecniche architettoniche dell’antichità (ad esempio la casa tradizionale trentina), ma anche le soluzioni funzionali per poter essere efficienti nella vita di tutti i giorni, spesso ci vengono suggerite da modelli insospettabili, come la casa/bottega medievale.
Da questo modello abbiamo preso ispirazione per la casa BL: il papà lavora al piano terra, e quando i genitori cucinano i bimbi possono giocare nel soggiorno al secondo piano; c’è anche una zona relax da cui controllare i diversi livelli della casa e l’ingresso. Ma il più bello è l’ultimo piano, sul tetto, dove si può essere tutt’uno con il paesaggio.
Dove possiamo trovare le tracce degli stili e dei modi dell’abitare del futuro?
L’architetto austriaco Adolf Loos diceva: “Non temere di essere giudicato non moderno. Le modifiche al modo di costruire tradizionale sono consentite soltanto se rappresentano un miglioramento, in caso contrario attieniti alla tradizione. Perché la verità, anche se vecchia di secoli, ha con noi un legame più stretto della menzogna che ci cammina al fianco”.
Partendo da questo, chi lo sa come sarà il futuro? Per saperlo dovremmo guardare di più all’arte contemporanea che si sposta verso la smitizzazione della tecnica e della bellezza e reagisce all’esteriorità dell’arte classica per far posto all’imprevisto, all’interiorità, al soggettivo, anche alla coralità dell’espressione.
Neppure la domotica sarà sufficiente a rispondere alle nostre esigenze. La vera frontiera sarà quella del benessere (che non vuol dire solo Spa!): la casa sarà in grado di farci sentire veramente bene, dal punto di vista fisico, ma soprattutto psicologico?
Materiali: su quali ha senso puntare e quali si stanno rivelando un sorpresa?
Che ci piaccia o no, noi uomini e donne siamo animali, abbastanza evoluti questo sì, ma pur sempre animali. Abbiamo esigenze molto basiche in fondo, anche i neuroscienziati ci dicono che toccare un materiale di origine naturale come il legno è rilassante e rassicurante, mentre un materiale di nuova concezione genera allarme.
Come sta cambiando la professione?
Le persone non cercano più l’architetto chiedendo contatti agli amici, come succedeva una volta, ma vanno su internet, dove possono vedere quello che ha già realizzato, che in fondo è l’unica cosa che conta. Io sono stata la prima dell’Emilia Romagna a diventare progettista esperta Casaclima nel 2004 e i colleghi ironizzavano su questa scelta. Ora alcuni requisiti tecnici e tecnologici sono diventati dati di fatto, la casa deve rispondere a parametri precisi, di legge, perciò i miglioramenti di efficienza non solo energetica ci saranno senz’altro, ma non saranno questi a rivoluzionare le nostre vite.
- Giuseppe De Lisi, partner dello Studio DiDeA. Lo studio lavora molto sul recupero di edifici esistenti adattandoli alle esigenze del vivere contemporaneo.
Perché questo progetto è un esempio del vivere del futuro?
L’intervento è un esempio di conversione funzionale di un laboratorio artigianale. Si tratta di un ex mattonificio, inserito all’interno di un edificio storico di Palermo: è quindi un esempio di intervento architettonico sull’esistente in linea con l’attuale fenomeno del riuso. Il riuso dell’esistente rappresenta il futuro perché permette una crescita sempre più sostenibile e limita il consumo di energia e risorse.
La forma e la struttura classica dell’abitare e la ripartizione delle stanze si trasformeranno o i cambiamenti saranno minimi?
La flessibilità e la versatilità saranno sempre più richieste. La cucina diventerà un ambiente diverso, non sempre indispensabile; stiamo sempre meno tempo a casa e in piccole quadrature si preferisce dare spazio al living e far diventare il tavolo o la zona divani il fulcro della casa, marginalizzando il resto. L’aggregazione in una società sempre più social e meno sociale probabilmente tenderà a riunire le persone a casa solo in poche occasioni e per rapporti sempre più selezionati. Cambierà l’alimentazione e la cucina assumerà una forma diversa e avrà un ruolo marginale.
Parliamo di dimensioni dell’abitare: cosa possiamo prevedere e perché?
Lo spazio sarà un lusso per pochi e la flessibilità nella progettazione diventerà un cardine. Penseremo a spazi ibridi in cui la temporaneità e la flessibilità funzionale garantiranno la coabitazione nel tempo.
Anche per questo, la modularità e il riuso sono il futuro. Bisogna scommettere sulla prefabbricazione, su sistemi costruttivi flessibili e rigenerabili. Noi stiamo investendo molto tempo sulla ricerca di sistemi di prefabbricazione che rispettino il più possibile l’ambiente e che ragionino nell’ottica del riuso e del basso consumo energetico. Il ciclo di vita del costruito ha sempre un inizio e una fine.
- Paolo Volpato, chief architect presso Matteo Thun and Partners. Il lavoro dello studio pone grande attenzione al retroscena culturale di ogni luogo per portarlo nel futuro.
Perché questo progetto è un esempio del vivere del futuro?
La tecnologia viene sfruttata in modo da rendere l’edificio il più ecologico possibile: risparmio energetico, efficienza termica, rispetto per l’ambiente.
Parliamo di materiali: su quali ha senso puntare e quali si stanno rivelando una sorpresa?
I materiali naturali.
La domotica: il futuro è davvero lì? Che sviluppi interessanti riguarderanno le nostre case?
Sì, ma ci sono aspetti controversi di cui discutere: l’aggiornamento dei software, l’obsolescenza informatica e, soprattutto, il tema della privacy.
La forma e la struttura classica dell’abitare e la ripartizione delle stanze si trasformeranno o i cambiamenti saranno minimi?
La trasformazione è già in atto. Si sviluppano progetti sempre più ingombranti e complessi. Si pianificano città da milioni di abitanti. La forma e la struttura classica dell’abitare stanno cambiando velocemente in termini di linguaggio. Saranno più tecnologiche, autosufficienti, più sostenibili. Le funzioni no, quelle rimarranno le stesse: il rito della cura del corpo, del cibo, del sonno, della convivialità e dell’ospitalità non si perderanno mai.
Quali direttive intravede per il costruire del futuro?
L’attenzione al contesto nel quale si costruisce, alla sua storia, alle sue caratteristiche (genius loci);
il rispetto per l’ambiente e l’efficienza energetica e il principio dei tre zeri: zero chilometri (vicinanza dei materiali da costruzione e competenze locali), zero CO2(gestione dell’energia e minori emissioni di CO2), zero rifiuti (gestione del ciclo di vita dell’edificio, come costruirlo e come rimuoverlo).
Parliamo di dimensioni dell’abitare: cosa possiamo prevedere e perché?
I cambiamenti climatici, l’intensificazione delle masse migratorie di intere popolazioni, la crisi politica-finanziaria di molti paesi, da un lato, e l’avanzare di nuove generazioni che non attribuiscono più un valore di “bene rifugio” alla casa ma quello di “bene condiviso” (come i millennials che puntano sempre più sulla condivisione), porteranno ad un cambiamento radicale delle dimensioni.