Ci chiediamo tutti come la pandemia di Coronavirus cambierà le nostre vite e abitudini e se torneremo alla nostra vecchia normalità. Stando in isolamento all’interno delle nostre case, siamo anche più consapevoli dei limiti delle nostre abitazioni, e riflettiamo su come potrebbero essere più piacevoli, confortevoli, sicure e sane. Abbiamo intervistato cinque architetti che abitano in Italia, Spagna e Francia – paesi attualmente tutti in lockdown – per raccogliere le loro idee su come il Coronavirus cambierà la casa del futuro.

Tenendo conto delle circostanze in cui ci troviamo e dei dati che riceviamo ogni giorno, sembra ragionevole pensare che questo periodo di isolamento si ripeterà e, molto probabilmente, cambierà il nostro modo di pensare e pianificare gli spazi domestici», dice l’architetto Gonzalo Pardo di Gon Architects.

Le case avranno spazi versatili e multifunzionali

Gli architetti con cui abbiamo parlato hanno sottolineato caratteristiche quali versatilità, multifunzionalità e trasformazione. Infatti secondo Pardo «Le case devono essere trasformabili», mentre l’architetto francese Frédéric Ganichot osserva che «Questa crisi accentuerà la tendenza già esistente di progettare spazi modulari».

Gli spazi multifunzionali sono essenziali in un momento come questo in cui facciamo tutto da casa, dal lavoro all’attività fisica. A causa delle restrizioni, i servizi e gli attrezzi offerti dalle palestre, «Come cyclette, manubri e tappetini da yoga, saranno sempre più inglobati nelle nostre case», dice Pardo.

Probabilmente vedremo la massima enfasi sulla multifunzionalità, tuttavia si prevede «L’inclusione di più spazi attrezzati per il lavoro remoto, dalle stanze indipendenti agli ambienti riconfigurabili a seconda dell’ora della giornata».

Faremo maggiormente uso di tetti e terrazze e cercheremo una connessione tra interno ed esterno

«Le terrazze e i tetti saranno progettati per creare continuità con le aree adiacenti, dando vita a zone giorno interne-esterne, camere da letto con patio privato, ecc.», dice Javier San Juan, fondatore di Lado Blanco Architects.

Gli fa eco Ganichot: «Gli interni delle case si trasformeranno sempre più in spazi esterni», dice.

L’architetto italiano Tommaso Giunchi va ancora oltre. Ci racconta di avere amici e clienti che affermano che «Non vivranno mai più in una casa priva di almeno un piccolo spazio all’aperto».

Pardo ritiene inoltre che i tetti diventeranno più importanti e che saranno «Bastioni della libertà della comunità», afferma.

Allo stesso modo, l’architetto Moisés Royo, fondatore di Muka Arquitectura, pensa che sia importante stabilire un minimo di spazio verde a disposizione di ogni condominio, escluso dalle trattative di vendita o dal prezzo di affitto della proprietà

In Spagna, le nuove costruzioni nelle grandi città tendono spesso a incorporare una terrazza condominiale. Tuttavia, Royo non solo crede che questi spazi siano insufficienti, ma ritiene anche che i quartieri nei centri cittadini, costruiti nel secolo scorso o prima, pongono un problema più grande: «Qui la larghezza delle strade e l’orientamento delle case rendono impossibile garantire le ore minime giornaliere di luce solare necessarie per ogni abitante».

Vi è un urgente bisogno di modificare la struttura di tali quartieri «Per accogliere le zone esterne degli edifici senza aumentare la superficie costruita», spiega Royo. È interessante notare che per gli architetti che abbiamo intervistato, la vera rivoluzione urbana del XXI secolo non è quella di mantenere i veicoli fuori dai centri urbani, ma piuttosto questa garanzia di spazio verde per ogni condominio nei quartieri più centrali.

Come l’architettura può frenare la diffusione del virus

Le città sono spazi di contagio e la densità della popolazione è un grosso problema. Con questo presupposto, Royo sottolinea una serie di problemi specifici che possono essere affrontati per limitare la diffusione di epidemie come il Coronavirus in futuro.

«In primo luogo, è importante sottolineare che apriremo le finestre solo quando avremo necessità di pulire l’esterno del vetro», dice Royo. «Esistono già sistemi di ventilazione meccanica che garantiscono un flusso d’aria costante 24 ore al giorno con livelli molto bassi di CO2 e che eliminano anche le particelle nocive presenti nell’aria, nonché i virus trasmessi attraverso le goccioline d’acqua».

Gli architetti che abbiamo intervistato hanno condiviso diversi consigli su cosa fare per prevenire la diffusione del Coronavirus. Una raccomandazione comune è quella di togliersi le scarpe sull’uscio di casa, ancora meglio nel pianerottolo, per evitare di far entrare il virus in casa. Quindi il problema qui «Non è creato dai virus, ma dalle nostre case», dice Royo. Le abitazioni dovrebbero essere progettate con uno spazio all’ingresso dedicato «Dove togliersi le scarpe non appena si entra», spiega.

«Questo spazio dovrebbe essere seguito da un’altra zona per appendere cappotti e altri capispalla e accessori (cappelli, sciarpe, borse, ombrelli, ecc.). Non si tratta di ambienti che dovranno essere necessariamente grandi: possono essere adattati in base alle dimensioni della casa.
Una soluzione così probabilmente comporta l’eliminazione dei corridoi –spesso colpevoli della distribuzione disfunzionale dello spazio all’interno delle abitazioni – per riallocare la metratura in queste anticamere».

I materiali sono un altro fattore che potrebbe aiutare a frenare la diffusione dei virus. «È importante che le superfici siano facili da pulire e che in alcuni spazi addirittura respingano lo sporco. È poi importante che gli architetti lavorino alla creazione di dettagli che abbiano forme pulite e che siano facili da spolverare e pulire», dice San Juan.

Infine, alcuni dei professionisti che abbiamo intervistato hanno suggerito di ripensare anche le aree comuni. Royo ritiene che la tecnologia abbia un ruolo da svolgere nel rendere tali spazi più sicuri e prevenire la diffusione dei contagi attraverso il contatto con le superfici. Secondo l’architetto le porte con riconoscimento facciale e gli ascensori con comandi vocali, ad esempio, ci permetteranno di ridurre l’uso di pulsanti e comandi manuali.

Abbiamo bisogno di case che ci facciano stare bene

Pardo ritiene che gli spazi domestici «Dovrebbero essere più giocosi e piacevoli, per intrattenere tutta la famiglia».

Questi tipi di pandemie sconosciute, che si evolvono rapidamente, creano molto pessimismo. In ogni caso, c’è sempre un risvolto positivo. «Questo pensiero può sembrare controverso, ma la crisi porterà anche tante cose buone, dice San Juan. «Ad esempio, stiamo riscoprendo il valore di stare insieme, di prendersi cura dei propri vicini, di relazionarsi con gli altri; così come il valore di avere un buon spazio di lavoro, un angolo relax e spazi comuni ben decorati e illuminati che rispondano al nostro gusto e alle nostre necessità».

Sentirsi a proprio agio a casa è essenziale. Allora oggi più che mai «L’intervento di un professionista è indispensabile per aiutarti a pianificare nuovi spazi, pensando al tuo stile di vita e a cosa hai bisogno. Lavoriamo con l’architettura emozionale (neuroarchitettura) riflettendo su come lo spazio costruito influenza la percezione dei suoi fruitori», spiega San Juan e conclude: «Gli spazi che ci circondano ci condizionano».

 

Fonte:https://www.houzz.it/magazine/in-che-modo-il-coronavirus-cambiera-le-nostre-case-stsetivw-vs~134257129?utm_source=Houzz&utm_campaign=u13659&utm_medium=email&utm_content=gallery0_0&newsletterId=13659